Zara (in croato Zadar) è una città della Croazia che si affaccia sul Mar Adriatico e che conta 81.688 abitanti (al 2006); è la capitale storica della Dalmazia, pur essendo stata superata oggigiorno da Spalato.
La città, per lungo tempo facente parte della Repubblica di Venezia, fu italiana dal 1919 al 1947, per passare poi alla Jugoslavia al termine della seconda guerra mondiale.
Ancora oggi è presente in città una piccola minoranza italiana riunita nella locale Comunità degli Italiani.
Storia della città di Zara
Nel IX secolo AC un avamposto dei Liburni, una tribù illirica. Dal 59 AC diventa un municipio romano, con il nome Iadera e nel 48 BC una colonia i cui abitanti ottengono il grado di cittadini romani. Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente e la distruzione di Salona agli inizi del VII secolo, Zara diventa la capitale della provincia bizantina della Dalmazia.
Tra il IX e il XII secolo si susseguono la dominazione dei Franchi, ancora di Bisanzio e dei re ungaro-croati. Con l’ascesa di Venezia, inizia la lotta per l’egemonia nel mare Adriatico.
Zara è sottomessa alla Repubblica di Venezia tra il 1111 e il 1154, tra il 1160 e il 1183, fino alla sua assegnazione definitiva a Venezia alla fine della quarta crociata nel 1202. La città cade poi ripetutamente nelle mani dei re ungheresi a seguito di violente lotte e insurrezioni (1242-1243, anni 1320, 1345-1346, Pace di Zara del 1358). Nel 1409, Ladislao di Napoli vende per 100.000 ducati d’oro tutti i suoi diritti sulla Dalmazia a Venezia.
La città diviene la capitale della Dalmazia veneta e, nell’occasione delle incursioni ottomane che si estendono nell’entroterra illirico, il principale baluardo di resistenza.
Successivamente alla fine della Serenissima, nel 1797 in seguito al Trattato di Campoformio (oggi Campoformido in provincia di Udine) Zara va in mano agli austriaci. Dopo un breve periodo francese (1805-1813), Venezia entra a far parte dell’Impero Austriaco (in seguito Impero Austro-Ungarico) e ci rimarrà fino al 1918.
Verso la fine del XIX secolo in tutto l’impero austro-ungarico si aprono le questioni nazionali. Con la costituzione degli Stati nazionali in Europa, gli abitanti di un impero immenso come quello austriaco sentono il richiamo di un’identità basata sulla lingua e sulla cultura.
In Dalmazia a causa delle politiche filocroate del governo austricao, gli italiani scendono in pochi decenni dal 30% al 2,8% registrato nel censimento del [[1911] (i cui risultati sono però contestati). Il centro centro urbano di Zara riuscì tuttavia a mantere sempre il suo originario carattere italiano fino al ricongiungimento all’Italia del 1918. Con l’avvento della stampa e delle prime pubblicazioni giornalistiche, si diffondono i primi giornali e libri irredentisti. Contemporaneamente si sviluppa anche l’identità nazionale croata.
A Zara nel 1806 durante il periodo dell’occupazione francese venne stampato il primo quotidiano della Dalmazia (bilingue in lingua italiana e, per la prima volta, croata): il Regio Dalmata/Kraglski Dalmatin. Nel 1832 uscì la Gazzetta di Zara bilingue in italiano e tedesco, seguita nel 1844 dal foglio croato Zora Dalmatinska.
Gli eventi risorgimentali la vedono ancora in prima linea. È la prima città dalmata a sollevarsi il 18 marzo 1848 (lo stesso giorno in cui a Milano iniziano le Cinque Giornate). Mentre la popolazione si riversa nel centro acclamando all’Italia, alla concessa Costituzione, a Carlo Alberto e a Pio IX, si costituisce la Guardia Nazionale che adotta subito, per proprio vessillo, la bandiera italiana della rivoluzione. Il colonnello Giuseppe Sartori informa il sebenicense Tommaseo, liberato dal carcere e divenuto triumviro della risorta Repubblica di San Marco, che col suo reggimento la vera ribellione può iniziare.
I vari timori che determinano la risposta negativa del Tommaseo provocano una stasi nella sollevazione e permettono, grazie anche all’esito inconcludente della prima campagna per l’indipendenza, agli Austriaci di poter riaffermare il proprio dominio, con l’aiuto dei reggimenti croati. Nel decennio di raccoglimento e preparazione i patrioti guardano sempre più al Piemonte come soluzione per la questione italiana. Si affiancano così al leggendario nome di San Marco pian piano anche quelli di Garibaldi, Cavour e del Re Vittorio Emanuele.
Durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, a dispetto degli ordini imperial regi che prevedono uno sbarco franco-piemontese, la popolazione rifiuta di rafforzare le fortificazioni ed imbratta i manifesti ufficiali austriaci sopra i quali vengono affissi i bollettini di guerra piemontesi. V’è anche un breve scontro tra navi francesi, che assieme a quelle sarde hanno occupato l’isola di Lussino, e austriache. La Pace di Villafranca allontana il sogno di una prossima redenzione. Durante l’impresa garibaldina moltissimi partono al seguito dell’Eroe dei Due Mondi o si arruolano nelle armate piemontesi vittoriose a Castelfidardo.
Le autorità asburgiche intanto aumentano la sorveglianza perché temono uno sbarco garibaldino o sardo in quanto da agenti di Garibaldi vengono fatti diffondere manifestini che lasciano presagire un non lontano arrivo e invitano i giovani ad arruolarsi in quella che sta per divenire la Marina dell’Italia unita. In concomitanza con la proclamazione del Regno d’Italia la popolazione, il cui esempio seguiranno anche le altre città dalmate costiere, fece una manifestazione con esposizioni da finestre di bandiere tricolori.
La guerra del 1866, che venne sentita dagli zaratini come un’imminente passaggio all’Italia, allontanò il sogno di libertà dando vita a segni d’Irredentismo.
Tuttavia durante il dominio austriaco i conflitti etnici sono quasi latenti, volti a ottenere un maggior peso negli organismi di governo regionale (introdotti dall’Austria con la riforma dell’Impero proprio assorbire le spinte autonomistiche) oppure dettati più che altro da invidia sociale: gli Italiani sono i ricchi mercanti, i Croati sono i contadini.
Alla vigilia dell’entrata in guerra nel primo conflitto mondiale, con il Patto di Londra fu promessa all’Italia, in caso di vittoria, poco più della metà della Dalmazia, inclusa Zara. Nello stesso giorno della vittoria ossia 4 novembre1918 l’esercito italiano entrò nella città ma, pur vittoriosa, l’Italia portò avanti un lungo negoziato a seguito delle tensioni venutesi a formare alla conferenza di pace.
L’Italia in definitiva rinunciò alla Dalmazia con l’eccezione di Zara, che divenne capoluogo di una minuscola provincia con quattro isole nel mare Adriatico. Nel primo dopoguerra si assistette ad un non trascurabile, sia pur abbastanza poco quantificabile, esodo di italiani da Sebenico, Spalato, Ragusa e altre zone della Dalmazia verso Zara o verso l’Italia.
Ben più tragico è il secondo conflitto mondiale. Zara viene bombardata addirittura 54 volte dagli alleati, meritandosi il soprannome di Dresda dell’Adriatico. L’esodo conseguente degli Italiani fu pressoché totale.
Incorporata nella Jugoslavia di Tito, Zara perse come nome ufficiale quello italiano e mantenne solo quello slavo di Zadar parimenti a quanto avvenuto dopo il 1918 per tutte le altre località dalmate divenute jugoslave.
Nel 1991 è nuovamente sotto assedio: questa volta dei Serbi dell’armata popolare. Attualmente fa parte della Repubblica di Croazia, indipendente da quel che restò della oramai scomparsa Repubblica Federale di Jugoslavia.
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