L’Istria (in croato ed in sloveno Istra) è la più grande penisola del Mare Adriatico.
La maggior parte dell’Istria appartiene attualmente alla Croazia.
Una piccola parte, che comprende le città costiere di Isola d’Istria (Izola), Portorose , Pirano (Piran) e Capodistria (Koper), rientra invece nel territorio della Slovenia.
Una parte minima della penisola (limitata all’incirca ai territori del comune di Muggia e di San Dorligo della Valle/Dolina) si trova in territorio italiano.
La costa occidentale dell’Istria è lunga 242,5 km e con le isole 327,5 km. La costa orientale è lunga 202,6 km e con gli isolotti raggiunge i 212,4 km. La lunghezza totale della costa è 445,1 km (la costa frastagliata è lunga il doppio della rete stradale).
Luoghi turistici dell’Istria
Le località turistiche più note si trovano lungo la costa e costituiscono delle mete molto frequentate durante il periodo estivo: hotel, campeggi, strutture sportive, paesi incantevoli ed un mare limpido attraggono migliaia di vacanzieri.
Le località più note dell’Istria sono:
- Umago
- Cittanova d’Istria
- Parenzo
- Orsera
- Rovigno
- Pola
- Lovrana
Storia dell’Istria
L’Istria preromana e romana
Il nome deriva dalla tribù illirica degli Histri, che Strabone menzionò come abitanti di questa regione. I Romani li descrissero come una tribù feroce di pirati dell’Illiria, protetta dalla difficoltà di navigazione delle loro coste rocciose. Occorsero ai romani due campagne militari per soggiogarli nel 177 a.C.. Augusto creo’ numerose colonie di legionari in Istria, allo scopo di proteggere i confini orientali dell’ Italia romana dai barbari. Secondo lo storico Theodore Mommsen, l’Istria era completamente latinizzata nel secolo V.
Il Medioevo in Istria
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’Istria venne saccheggiata dai Goti e dai Longobardi, quindi passò sotto il controllo di Bisanzio (538) e in questo periodo storico si sviluppò un dialetto del ladino parlato dagli abitanti della Istria settentrionale (nell’Istria meridionale si sviluppò l’Istrioto).
La zona istriana fu annessa al Regno Franco da Pipino III (789) diventando una Marca quindi successivamente controllata dai duchi di Merano, dal duca di Baviera, dai duchi di Carinzia e dal patriarca di Aquileia. Nel 933, con la pace di Rialto, Venezia ottenne un primo riconoscimento del diritto di navigare e commerciare lungo le coste istriane: in questo periodo storico popoli italici si trasferirono sulla costa della zona e vi furono alcuni insediamenti di popoli slavi nella parte interna istriana.
Periodo veneziano
L’Istria divenne quasi tutta territorio della Repubblica di Venezia dal 1420 fino alla sua caduta ad opera di Napoleone nel 1797.
Durante i primi secoli dell’epoca moderna, l’Istria fu devastata da guerre e pestilenze; per tale motivo la Repubblica di Venezia ripopolò l’interno della regione con coloni di diverse etnie slave (oltre che greci e albanesi), trasferiti dagli altri suoi possedimenti.
Nei secoli XIV-XVI numerosi pastori romeni si rifugiarono in Istria dalle invasioni ottomane, e (mescolandosi con i discendenti dei locali ladini, secondo Antonio Ive[1]) formarono una popolazione di lingua istrorumena, tuttora presente a Seiane e nelle vallate intorno al Monte Maggiore dell’Istria.
L’Istria assunse così la sua caratteristica composizione etnica, con la costa ed i centri urbani di lingua italiana e le campagne abitate prevalentemente da slavi e da altre popolazioni di origine balcanica.
Periodo napoleonico
A seguito del trattato di Campoformio l’Istria assieme a tutto il territorio della Repubblica di Venezia fu ceduta agli Asburgo d’Austria.
Dal 1805 al 1813 fu sotto alla diretta dominazione di Napoleone.
Dal 1805 al 1808 fece parte del Regno d’Italia napoleonico ed in seguito fu inserita nelle Provincie illiriche, direttamente annesse all’Impero francese.
Dominazione asburgica dell’Istria
Nel 1814 l’Istria tornò sotto la dominazione degli Asburgo.
Nel 1825 l’Impero austriaco costituì la provincia istriana, che nel 1861 divenne autonoma con propria dieta a Capodistria (Marchesato d’Istria).
Durante la dominazione asburgica l’Istria era abitata da italiani, croati, sloveni e gruppi minori di valacchi/istro-rumeni e serbi.
Secondo il censimento austriaco del 1910, su un totale di 404.309 abitanti dell’Istria, si ebbe la seguente ripartizione:
168.116 (41.6%) parlavano croato o serbo
147.416 (36.5%) parlavano italiano
55.365 (13.7%) parlavano sloveno
13.279 (3.3%) parlavano tedesco
882 (0.2%) parlavano romeno
2.116 (0.5%) parlavano altre lingue
17.135 (4.2%) erano cittadini stranieri a cui non era stato chiesta la lingua madre (molti di loro erano cittadini italiani).
Bisogna precisare che questi dati si riferiscono al marchesato d’Istria, che comprendeva anche aree fuori dalla penisola istriana, come quelle di Castelnuovo d’Istria (abitata prevalentemente dagli sloveni), Castua (abitata prevalentemente dai croati) e le isole di Cherso e Lussino (la cui popolazione era a metà italiana, a metà croata). Per questa ragione i dati vennero criticati da storici e linguisti italiani come Matteo Bartoli.
Nel XIX secolo si svilupparono i movimenti nazionali italiano, croato e sloveno. Con la nascita di questi movimenti cominciarono i primi attriti fra gli italiani da una parte e gli slavi dall’altra, in quanto ciascun gruppo ambiva all’annessione della regione alla rispettiva madrepatria. L’Istria era una delle terre reclamate dall’irredentismo italiano. Gli irredentisti sostenevano che il governo Austro-ungarico incoraggiasse l’immigrazione di ulteriori slavi nella regione per contrastare il nazionalismo degli italiani.
Importante fu il trasferimento da Venezia a Pola, della principale base della Marina Austriaca. Tale decisione fu presa e seguito della insurrezione di Venezia nel 1848-49. In pochi anni Pola ebbe uno sviluppo tumultuoso, passando da poche centinaia di abitanti ai 30-40.000 di fine ‘800.
Notevoli furono i benefici sull’economia della penisola, che, negli ultimi anni del dominio asburgico prosperò, grazie anche al turismo balneare proveniente dalle regioni dell’Impero.
La prima e la seconda guerra mondiale in Istria
A seguito della vittoria italiana nella prima guerra mondiale con il trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) e il trattato di Rapallo (1920) divenne parte dell’Italia.
Con l’avvento del fascismo cominciò una politica d’italianizzazione forzata, secondo quanto sostenuto dallo storico Seton-Watson «principalmente come reazione a quella favorevole agli slavi attuata nel secolo precedente dall’ Impero Asburgico e da nazionalisti slavi come Vasa Cubrilovic.»
È da tenere, comunque, presente che la politica di italianizzazione forzata non riguardò solo gli slavi in Istria ma molte delle minoranze che vivevano nel territorio italiano.
Durante la seconda guerra mondiale a causa dell’occupazione della Jugoslavia da parte delle potenze dell’Asse le relazioni fra italiani e slavi peggiorarono ulteriormente.
A seguito degli avvenimenti dell’8 settembre del 1943 la comunità italiana restò in balia di tedeschi e iugoslavi. La regione fu occupata per un breve periodo dai partigiani titini, e fu quindi occupata dai tedeschi che la annetterono al Terzo Reich, all’interno del cosiddetto Adriatisches Küstenland.
Nell’aprile e maggio del 1945 l’Istria fu rioccupata dai partigiani comunisti del maresciallo Tito.
Il dopoguerra in Istria
Dopo la fine della seconda guerra mondiale con il trattato di Parigi (1947), l’Istria venne assegnata alla Jugoslavia, con l’eccezione della parte nord occidentale, che formava la Zona B del Territorio libero di Trieste. La zona B rimase sotto amministrazione Jugoslava e dopo la dissoluzione del Territorio Libero di Trieste nel 1954 (memorandum di Londra), fu di fatto incorporata alla Jugoslavia. Tale annessione fu ufficializzata col trattato di Osimo (1975). Solo la piccola città di Muggia, facente parte della Zone A, rimase all’Italia.
Durante e poco dopo la seconda guerra mondiale un gran numero di italiani fu ucciso nel massacro delle foibe, sia in Istria che nel Carso triestino. Negli anni del dopoguerra il terrore provocato dal massacro, seguito da una dura repressione delle autorità Jugoslave, provoco la fuga di quasi tutti gli italiani. Nel 1956, quando l’ultima ondata dell’esodo fu completata, l’Istria aveva perduto metà della sua popolazione e una gran parte della sua identità sociale e culturale.
Il dramma degli italiani dell’Istria fu fortemente visibile nell’esodo da Pola.
Fra il dicembre del 1946 e il settembre del 1947, la città fu abbandonata da 28.000 dei suoi 32.000 abitanti. Molti di loro partirono in conseguenza della firma del trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, che cedette Pola alla Jugoslavia. In un’impeto di disperazione, alcuni esuli giunsero a disseppellire dai cimiteri i propri morti, portandoli con sé.
L’esodo da Pola, l’unico esodo organizzato dall’Istria, ebbe una vasta eco sulla stampa nazionale italiana ed internazionale.
Dopo l’esodo, le aree rimaste spopolate furono ripopolate con croati e sloveni e, in minor numero, con popolazioni di altre nazionalità Jugoslave, come serbi e montenegrini.
Nel 1991 la Slovenia e la Croazia dichiararono l’indipendenza, rompendo così la plurisecolare unità politica dell’Istria.
Nessun prodotto trovato.